Le aperture sullo scafo sono essenziali per il passaggio dell’aria e della luce, ma al contempo costituiscono una possibile via d’acqua. Una volta le luci erano chiuse con oblò in acciaio con grandi viti a farfalla che ne garantivano la tenuta stagna. Gli osteriggi avevano lateralmente una cassa di legno con il coperchio dello stesso materiale e con il vetro centrale protetto da una griglia di acciaio.
Oggi molte cose sono cambiate. La tecnologia ha permesso al design di creare oblò e osteriggi sempre più fini e meno ingombranti, in modo da lasciare le coperte libere senza fastidiosi rialzi. Sono stati profondamente modificati anche i sistemi di chiusura e i dispositivi per le aperture. Anche le loro forme si sono evolute. Inizialmente il vetro era sostenuto all’interno di due cornici in acciaio, mentre oggi un semplice ovale in plexiglass si chiude a pressione contro una cornice di plastica. Questa evoluzione ha abbassato notevolmente i costi di produzione e i prezzi alla vendita facendo scomparire gli oblò dalle liste optional a favore delle dotazioni in serie.
Il problema degli oblò è costituito dalle infiltrazioni. Può capitare, soprattutto a bordo di imbarcazioni un po’ datate, di notare, in prossimità di oblò, la cornice di legno annerita, o la tappezzeria che lo circonda ingiallita. Sono i segnali inequivocabili di una via d’acqua.
L’infiltrazione da un oblò può dipendere da tre fattori diversi:
1) Lo scafo troppo elastico che crea un distaccamento tra questo e la cornice dell’oblò. Ci sono alcuni scafi, anche se in misura minore sulle barche a vela, che subiscono torsioni. Scendendo da un’onda, per esempio, questi scafi si deformano in maniera quasi impercettibile, per tornare a posto una volta cessata la forza che ne ha provocato la torsione. Tuttavia, in questo movimento, è possibile che si verifichi uno scollamento della cornice dell’oblò e che si crei una via d’acqua invisibile a occhio nudo. Una delle tecniche prevede l’infiltrazione del classico Sikaflex bianco intorno alla cornice interna dell’oblò in quanto rappresenta un prodotto molto elastico e riesce a sopportare i movimenti dello scafo.
2) Una guarnizione difettosa e non mantenuta. Si determina prevalentemente sulle barche datate, le cui guarnizioni sono sottoposte a usura. Questo elemento era in passato costituito da due fettucce di gomma incollate sulla cornice e sulla parte corrispondente dell’oblò. Oggi le guarnizioni hanno un disegno a dentini, in modo che le due parti si “incastrino” l’una nell’altra determinando una tenuta quasi assoluta. Tuttavia, anche le guarnizioni moderne hanno bisogno di manutenzione anche se molto semplice: a fine stagione, sarà sufficiente stendere un sottile velo di vasellina o uno spray lubrificante sulla gomma che assorbirà il grasso di cui si nutrirà.
3) Uno scollamento tra la lastra di plexiglass e la cornice che la sostiene. Questo caso è tipico dei passauomo e degli osteriggi. La via d’acqua si crea perché la parte di plexiglass trasparente si scolla dalla sua cornice. Tale scollamento può essere determinato dalla bassa qualità del materiale di cui è fatta la cornice o dallo spessore del plexiglass troppo sottile che determina il piegamento della superficie costruita con questo materiale. Solitamente le due situazioni coesistono e un tentativo per porre rimedio all’inconveniente si può fare sostituendo il plexiglass con uno più spesso. Questo irrigidirà anche la cornice, ma i millimetri in più saranno visibili oltre il bordo della cornice. Un po’ di lavoro con la carta vetrata servirà a smussare lo spigolo.
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